GERVASIO,seconda parte.

Di solito arriva sulle prime colline e si ferma e comincia a ricordarsi di cose vecchie e vorrebbe parlarne con qualcuno ma l’abitudine alla discrezione sulle cose personali non gli consente di portarsi dietro qualcuno a cui parlare allora entra in qualche bar a divorare carboidrati e alcolici poi riparte verso la pianura e si commuove guardando il tramonto e a quel punto ha tale vergogna di se stesso che si ferma a un altro bar e finisce di ubriacarsi così diventa euforico per qualcosa e rotola giù in città con entusiasmo spastico verso un incontro con i compagni di un rito catartico di spinellamento uccisione di quelle ombre lunghe del tardo pomeriggio che intaccano la limpidezza dei ragionamenti senza fine di una mattina d’inverno. Gervasio sogna che un giorno tutti si svegliano e invece di andare a lavorare o di preoccuparsi di qualcosa stanno tutti a letto e nessuno accende la televisione e nessuno si ammazza in automobile e tutti si dedicano ad attività come andare al cinema leggere fare sesso chiacchierare. Gervasio prende sempre la scossa dagli spigoli dei tavoli e dalla manopola dell’ampli. Gervasio è segretamente violento infantile ed orgoglioso si pavoneggia e si crede unico nel possesso di caratteristiche comuni al resto della razza umana. Vive perfettamente inserito nel suo tempo, cioè a disagio e rabbrividendo ogni volta che si trova da solo con i suoi pensieri. Ad esempio una volta Gervasio è andato via con un suo amico e si erano scelti bene perché in quattro giorni si erano scambiati il buongiorno al mattino e la buonanotte alla sera. Era stato un lungo fine settimana di chilometri scorrazzati di pensione da due soldi splendide in città di porto. Era stato un viaggio esemplare di persone immerse in se stesse e la fruizione dei luoghi visitati era da videogame ma non c’era rimpianto di altri modi di sentire perché come nei film di Jarmush non ci si chiedeva cosa ci si stesse a fare, era come se tutto quello che accadeva si svolgesse nei ritagli di tempo di altri avvenimenti, nelle pause tra una cosa e l’altra della vita. A Parigi in una solitarissima stanzetta d’albergo trascorse un mese sereno con se stesso, tracannando la propria compagnia felice, nei pochi scambi di parole con estranei e compagni di corso .Una sera al cinema ritrovò immediatamente il suo humour e la sua inquietudine. La sua impossibilità di stare a proprio agio fra gli altri, ora lo sapeva, era la misura della sua incapacità a sopportarsi. Ma stava bene da solo, non si macerava, o forse si, ma questo non lo affaticava. Al cinema preferiva andarci da solo, a Parigi. Si immergeva in folle di cinofili malati come lui, quelli che si scambiano sguardi entusiasti e sognanti al culmine di scene salienti, che ridono insieme, piangono insieme, piangono di nascosto, e all’uscita riprendono il loro illuminato anonimato. I cinema della sua città programmavano solo film d’azione americani, o commedie “all’italiana”, e i cinema porno proliferavano. Comunque, il prezzo del biglietto era arrivato ad altezze da anni ottanta, e le tasche di Gervasio erano ancora ferme alla preistoria. I soldi per le droghe di stato, nicotina ed alcool, stranamente saltavano sempre fuori. Stranamente. E quasi sempre c’erano abbastanza soldi per comprarsi un po’ di hashish. Molti caffè, comunque, davano la carica per sopportare l’esistenza di Bruno Vespa, Craxi, l’Arci, i partiti senza nome e tutte le schifezze inventate da qualche Dio maledetto nascosto tra le nubi tossiche di questo tempo malato. La sera Gervasio si abbandona a ricordi di altre epoche e di altri uomini. Mette su qualche disco di qualche musica che non fanno più da almeno vent’anni e stappa qualche bottiglia da solo e sdraiato sul letto ride tra sé e strappa le pagine dei giornali si accorge di una ruga di un ragno sul muro di una riga scritta a matita sul taccuino dei pensieri che tutti i tristi (plurale di triste) portano in tasca o nel cruscotto della macchina e vanno a sedersi ai tavoli in un angolo e scrivono oppure in treno e ogni tanto alzano lo sguardo e fuori dal finestrino una nebbia che vedono solo loro gli anni che passano tutti insieme veloci confusi sterminati sempre presenti ma ormai così misti da non sapere nemmeno se sei ancora tu o a chi appartengono adesso. Quando Gervasio rimane senza sigarette si ricorda sempre di quella volta che Dido e Petra erano così entusiasticamente tabagisti che cercarono di farsi delle sigarette con del the e delle pagine di quaderno, e di quanto lui tredicenne avesse disapprovato e un po’ compatito i due amici. Gervasio oggi è senza sigarette, senza soldi ed è a dieta e ha dormito quattro ore ubriaco con i pantaloni zuppi d’acqua di torrente stesi sul termosifone che trasudano fetori. Gervasio ha un particolare codice di comportamento. Esso si basa su onestà, sincerità, coraggio, serenità rispetto e tutto quanto il resto. Spesso però, come tutti noi, si comporta secondo tutt’altri e meno principali principii. Spesso non riesce ad essere all’altezza di se stesso, di ciò che si prefigge, di chi si crede di essere. Quest’anno la cazzata raccontata a lavoratori e massaie per raccattare voti è che drogarsi è illecito. Il vino fa buon sangue, le MS riempiono le tasche dei mafiosi e i polmoni di tutti, e il traffico di droga deve rimanere com’è. Quegli imbecilli dei tossici continuano a crepare, Craxi trionfa, e Gervasio ha un altro finestrino rotto ed un’ennesima autoradio da comprare.Ma la cosa più importante è che TERRAX L’INDOMITO E’ TORNATO ED E’ SEMPRE PIU’ INCAZZATO E I FANTASTIC FOUR LI MASTICHERANNO ACIDI STAVOLTA. Infatti l’intero quartiere di Manhattan sta gravitando nello spazio. E il bar con il videogame preferito di Gervasio è chiuso. Sarà un inverno…lungo e duro, speriamo. Ah ah. VORREI POTER STARE A LETTO TUTTO L’INVERNO INVECE DI LAVORARE IN UNA FOTTUTA BIBLIOTECA SOLO PERCHE’ UNA STRONZA LEGGE DICE CHE I CITTADINI ITALIANI DI SANA E ROBUSTA COSTITUZIONE DEVONO SERVIRE LA PATRIA O MEGLIO SERVIRE I GRASSI CHE S’INGRASSANO ANCORA DI PIU’---AVREI DI MEGLIO DA FARE .LE GABBIE CHE MI RINCHIUDONO VERRANNO APERTE UN GIORNO? Gervasio va ogni tanto al bar vicino all’ufficio dove è stato condannato a stare per un anno. Mentre aspetta il caffè si sorbisce le opinioni del barista sul servizio civile. “Io quei ragazzi come voi gli farei fare delle cose…più utili, ecco, come aiutare quelli che hanno bisogno, che ce ne sono tanti in Italia, invece di stare lì a far niente”. Le prime volte Gervasio ribatteva che secondo lui anche i militari non fanno un cazzo di utile, ma il barista ribatteva a sua volta che quelli stavano già nelle caserme, come dire che la loro parte la facevano già, e da allora Gervasio si disinteressava del dialogo con il personaggio. Gervasio pur non avendo mai una lira è un buon ospite e ama accogliere gli amici nella sua modesta magione. Gli amici di Gervasio (che lui definisce “quelli che altrimenti non saprebbero con chi uscire alla sera”) sono amorevolmente ingombranti e non tralasciano mai di sporcare irrimediabilmente qualche tenda già sciattina o di fracassare qualche tazzina superstite di un servizio da caffè già decimato. Gervasio passa le sue serate con gli amici chiacchierone e sconvolto e tranquillo, poi spesso cade vittima di crisi di follia festaiola magari provocando lui stesso le baruffe che risultano poi dannose. Gli piace restare solo in mezzo ai cocci abbandonati dalla congrega e fumare una sigaretta e bere qualche fondo di bottiglia. There’s a party in my mind And I hope it never stops Un sogno di Gervasio: . Su di un treno un giorno Gervasio osserva una coppia di tedeschi. Sono i classici tedeschi in coppia, bruttini, sui trenta e passa, si scambiano sorrisetti d’intesa quando dal finestrino vedono qualcosa di molto italiano, e passano tutto il tempo a leggere e a scrivere annotazioni e pensieri lui sul taccuino lei su un blocco di fogli grandi e Gervasio si chiede che cosa stia scrivendo lei e si immagina una vacanza di quelle “salviamo la nostra storia” e invece è andata male lei è sempre distratta e bruttina e lui è sempre meticoloso coi calzetti di cotone sotto i sandali di cuoio e tornano nella loro terra di grandi sentimenti monumentali, lasciano il calore di una landa dove tutti sorridono pensando ai cazzi loro, dove sul treno Gervasio si chiede sei quei due stanno pensando a queste cose o se magari anche loro fanno ipotesi strambe su di lui che in effetti deve apparire un po’ strano con il suo lacero impermeabile e i capelli lunghi e gli occhi assonnati (“se hanno visto il telegiornale penseranno che sono il classico tossico italiano”). Il treno entra in una di quelle gallerie dove ogni tanto qualcuno mette una bomba per convincere la gente che c’è bisogno della polizia e del potere e Gervasio si addormenta e quando si sveglia a Bologna i tedeschi non ci sono più. I treni sono stati un incubo per Gervasio bambino. Era un bambino con un grande spirito di adattamento, e proprio per questo era terrorizzato all’idea di viaggiare in treno:non lo prendeva mai. Un giorno doveva andare a Bologna con i suoi. Era un viaggio abituale per la famiglia, la visita ai nonni, ma l’abitudine era di andarci in automobile. Ma quel giorno la macchina aveva un guasto. Gervasio venne trascinato fino al pedrellino, e bene o male fin lì ci arrivò. Però sembrava impossibile convincerlo a salire in carrozza. Giammai con la forza, sosteneva il papà, ne con promesse di regali all’arrivo. La situazione sembrava senza uscita. Un fischio potente scosse la combriccola. Tutti si voltarono verso la fonte di questo stentoreo richiamo. Gervasio era ipnotizzato dalla visione di una vecchia locomotiva che era arrivata quatta quatta sul binario quattro. Gervasio vide subito in lei una vera sfida al suo coraggio di piccolo cavaliere di una qualche tavola:non lo squallore delle moderne vetture, lo sporco dei finestrini dal vetro giallastro, non quelle partenze stentate, ma potere compresso dentro un corpo poderoso, lucido e funzionante alla perfezione. Fu veramente un deus ex machina. Ora Gervasio ha imparato ad amare altri treni, meno leggendari. Un Giorno Gervasio stava lavorando nel magazzino di una banca del far west. Il lavoro era uno di quelli manuali, semplici e noiosi che i burocrati consideravano sporcanti, difficili e noiosi. Mentre fumava una sigaretta un’impiegata gli si avvicinò. “Ehi,stai facendo proprio un bel lavoro!” “Sai,tu mi sembri un tipo sveglio. Perchè fai questo lavoro?” “Eh? Bè, qui da noi avremmo bisogno di uno come te. Potrei parlare col capo. Ti piacerebbe essere assunto qui? Voglio dire, assunto regolarmente, stipendio e tutto.” “Ma guarda che è una buona possibilità di fare carriera.” “Ma tu non vuoi lavorare nella vita?”

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